Il Pane di Sant’Antonio

Sant’Antonio di Padova, un santo amico e benefattore

di P. Angelo Sardone 

 1. Premessa

La devozione del «Pane di S. Antonio» è un elemento proprio della Spiritualità e della Storia Rogazionista, come risorsa provvidenziale per i piccoli ed i poveri. Essa si inserisce nell’orbita della devozione popolare al santo Taumaturgo padovano, acclamato come il “santo di tutto il mondo”, il “santo senza nome”. Le opere di sant’Annibale Maria Di Francia, fondatore dei Rogazionisti e delle Figlie del Divino Zelo, sin dal 1906 sono contrassegnate col termine “antoniane”: ciò costituisce una caratteristica peculiare dell’Opera, come istituzione di carità per gli orfani e i poveri, che ha in S. Antonio di Padova come il protettore, un patrono, il santo provvidente. A Lui, infatti si deve il sostentamento di tante centinaia di ragazzi che, sin dal 1958 al Villaggio del Fanciullo S. Antonio di Matera, sono stati provveduti e si provvedono di pane, di accoglienza, di cultura, di amore. La carità dei devoti e benefattori che si rivolgono al santo Taumaturgo Pa-dovano nelle varie loro necessità ed inviano l’obolo, si trasforma infatti in sostegno materiale. Noi Rogazionisti non siamo francescani, ma “antoniani” per questa singolare devozione verso S. Antonio.

Sant’Annibale si rivolgeva a sant’Antonio di Padova come al “Santo delle cose perdute” e poi per l’intuito del «Pane dei poveri», risorsa provvidenziale per sfamare le bocche dei bambini e dei numerosi poveri che accorrevano a lui ogni parte di Messina.

2. L’origine rogazionista del «Pane dei poveri»

Era l’estate dell’anno 1887 e a Messina infieriva il colera mietendo migliaia di morti. Erano numerosi i decessi soprattutto tra i poveri. Tra i molti volontari che si prodigavano al servizio dei colerosi, prestando oltre le cure mediche anche quelle spirituali si distinsero S. Annibale e suo fratello P. Francesco Maria. Al Quartiere Avignone, dove era cominciata da alcuni anni la bonifica materiale e spirituale di quell’ambiente degradato, mancavano gli aiuti e le bocche dei piccoli e dei poveri, reclamavano almeno un pezzo di pane. Scarseggiavano i viveri ed era tutto precario. Per curarsi e scampare dal pericolo, si cercava di ricorrere a tutto ed a tutti, Santi compresi.

Susanna Consiglio, una facoltosa e pia nobildonna di origine maltese, si sentì ispirata a fare un voto a S. Antonio di Padova, promettendo la somma di lire 60 perché si comprasse pane per gli orfanelli del Can.co Annibale Maria Di Francia ad onore di S. Antonio se lei e la sua famiglia fossero rimasi illesi dal contagio. Scemato il colera, intorno al mese di ottobre dello stesso anno, la signora Consiglio rimasta immune insieme con la sua famiglia, sciolse il voto e, tramite il suo domestico, in forma anonima, inviò a S. Annibale la somma promessa, specificandone lo scopo. Ciò continuò ancora con la specifica «Pane per gli orfani di S. Antonio di Padova», anche ad opera di altre persone devote di S. Antonio. Si delineò così la devozione che ripristinava una tradizione caduta in disuso da tempo, il «Pane dei poveri». Il Signore offriva a S. Annibale un mezzo efficace per muovere la fede di tante anime, impetrare le grazie per numerosi afflitti, ed attirare l’obolo della carità sulle sue opere sotto il nome di «Pane di S. Antonio».

3. Le origini remote della devozione

La devozione del «Pane dei Poveri» era sorta a Padova nel sec. XIII in seguito ad un miracolo attribuito a S. Antonio nei confronti di Tommasino, un bimbo di 20 mesi morto soffocato nella pila d’acqua dei muratori che effettuavano lavori di ristrutturazione dell’antica chiesa di S. Antonio e ridonato vivo alla mamma che aveva molto pregato e promesso al santo Taumaturgo tante misure di grano quanto era il peso del bambino.

La consuetudine entrò nell’uso liturgico con una formula di benedizione detta benedictio ad pondus pueri, benedizione secondo il peso del bambino. Con essa i genitori invocavano per l’intercessione di S. Antonio la benedizione sui loro figli offrendo ai poveri tanto peso di grano quanto era il peso dei loro bambini. Svanita nel secolo XVI questa consuetudine liturgica fu ripresa nell’800 legata all’emigrazione soprattutto nelle Americhe, sia per l’influsso dei missionari e dei fedeli giunti dall’Italia, che per il fatto che il Santo era considerato colui che aiutava a risolvere il problema del pane quotidiano e la sua immagine era collocata nelle chiese.

4. La precedenza storica rogazionista

Annibale era rimasto impressionato dall’inusuale specifica dell’offerta in denaro della signora Consiglio preservata dal colera il 1887. Cominciò a propagare questa devozione qualche anno dopo, quando sentì parlare di una vicenda analoga verificatasi il 1890 a Tolone, in Francia, ad opera di una signorina, Luisa Bouffier, anch’essa ispirata a fare un voto al Santo padovano di donare il pane ai poveri, se la porta del suo retrobottega di articoli di biancheria della quale aveva perduto la chiave, si fosse aperta senza essere abbattuta.

Anche a Padova sempre nel 1887 don Antonio Locatelli, fondatore dell’Associazione Universale Antoniana, aveva dato vita ad una devozione simile trasformando in pane per la carità ai poveri, piccole somme di denaro avute per qualche grazia ricevuta per intercessione di S. Antonio.

Contestualmente ed indipendentemente da queste iniziative, S. Annibale cominciò a fare propaganda del «Pane di S. Antonio» come di un mezzo per muovere la fede in tante anime, per impetrare dal cielo le grazie per tanti afflitti ed attirare l’obolo della carità per i suoi orfanelli.

La devozione a S. Antonio, particolarmente col «Pane dei poveri», diventare non solo per Messina, ma anche per le altre città nelle quali si trovavano i Rogazionisti, una espressione singolare del culto antoniano.

Mezzo indispensabile ed efficace era la preghiera degli orfani che si levava giornalmente dinanzi ad una oleografia di S. Antonio di Padova.  S. Annibale inoltre fece collocare cassettine per raccogliere l’obolo per il pane dei poveri in varie officine, negozi e chiese di Messina, della provincia e nei paesi nei quali apriva i suoi orfanotrofi. Giungevano lettere da persone che desideravano grazie dal Santo padovano e promettevano l’obolo agli orfanelli che elevavano preghiere per ottenerle. L’eco delle grazie si sparse in tutta la città: tanta gente accorreva anche da lontano per vedere “il miracoloso S. Antonio di Messina”. S. Antonio distribuiva le sue grazie, ed il beneficio del pane quotidiano era assicurato alle mense dei piccoli e dei poveri che accorrevano.

Ben presto l’iniziale culto antoniano andò oltre i confini del quartiere, per iniziativa di un laico, Andrea Pistorino, un pittore devoto, che suggerì a P. Annibale di usufruire della chiesa più grande dell’Annunziata dei Teatini, che aveva un altare ed una cappella dedicata al santo Taumaturgo. Qui, tutti i martedì dell’anno gli orfanelli di P. Di Francia andavano a fare l’ossequio a S. Antonio con preghiere e cantici durante la S. Messa. Con particolare solennità poi si celebrava la festa di S. Antonio.

Prese così piede in tutto il mondo la pratica devozionale. Mentre quasi contemporaneamente sia da Tolone che da Padova, la stessa devozione, pur con organizzazione diversa, si diffondeva ovunque recando abbondanti frutti di provvidenza per tanti poveri che chiedevano il pane, perché non nascessero conflitti di precedenza storica dell’intuizione e della sua messa in opera, sant’Annibale, spinto dalla considerazione del fatto che S. Antonio aveva mostrato un segno di “particolare predilezione per gli orfanotrofi, anche prima che questa devozione sorgesse nel mondo”, l’anno 1906 fece redigere dalla Curia Arcivescovile di Messina un documento della precedenza di tre anni della devozione del Pane di S. Antonio di Padova nei suoi Istituti in Messina, prima che questa devozione sorgesse in Francia, nella città di Tolone (1890). Il documento riporta la dichiarazione della signora Susanna Consiglio.

Alle iniziative propagandiste, si aggiunse la stampa antoniana, che, accanto alle note di catechesi e di evangelizzazione, indicava in S. Antonio di Padova un potente intercessore presso Dio, soprattutto se a Lui ci si rivolgeva promettendo una quantità di pane per gli orfanelli e pei poveri.

In particolare, per diffondere la devozione del «Pane per i poveri» e sviluppare il legame con i benefattori della sua Opera, S. Annibale avviò prima la pubblicazione di alcuni opuscoli dal titolo «Il segreto miracoloso» e, dal 1908, del periodico antoniano, «Dio e il Prossimo» che in breve tempo raggiunse una tiratura considerevole, fino a raggiungere, negli anni dopo il secondo conflitto mondiale, le 700.000 copie.

5. Un segreto di carità

Annibale definì questa intuizione «Segreto miracoloso»: segreto, perché fino allora era ancora sconosciuto o non adoperato nel pratico esercizio della carità; miracolosoperché S. Antonio di esso si serve per fare grazie ai suoi devoti e per provvedere molti orfanelli d’ambo i sessi raccolti in diverse case ed orfanotrofi che dal suo nome si chiamano antoniani. «Io propongo a tutti i buoni cattolici, scriveva S. Annibale, che ogni qualvolta hanno bisogno di qualche grazia o spirituale o temporale, si rivolgano a S. Antonio di Padova, che è chiamato il Santo dei Miracoli e gli promettano una qualche quantità di pane, quanto ognuno crede, per gli orfanelli e pei poveri».

Come un tempo gli orfanotrofi, anche oggi le strutture socio-educative si dicono a buona ragione antoniane, non solo perché sono sotto la protezione di S. Antonio, ma perché, secondo la logica del santo Fondatore, appartengono a Lui.

6. La parrocchia intitolata a S. Antonio

Un mezzo per diffondere la devozione a S. Antonio è quello di intitolare a Lui le strutture ecclesiali. Sin dal 1958, nella fondazione del Villaggio del fanciullo a Matera, la prima cappella e poi la chiesa parrocchiale, è stata dedicata al Santo dei Poveri. Accanto alla struttura ecclesiale fu aperta ed è tuttora funzionante l’Ufficio dei benefattori antoniani che costituisce un mezzo di apostolato, di divulgazione della devozione antoniana, punto di collegamento con i benefattori che sostengono le attività apostoliche e, nello stesso tempo, strumento di provvidenza materiale per Il Villaggio. Ancora oggi la rivista prodotta nel Villaggio del Fanciullo S. Antonio di Matera, oltre le notizie sullo sviluppo della devozione, contiene preghiere varie a S. Antonio, relazioni di grazie ottenute per sua intercessione.

7. Conclusione

Sant’Antonio di Padova e sant’Annibale Di Francia costituiscono un inscindibile binomio. Questa relazione è ancora oggi manifesta con espressioni devozionali e culturali che coinvolgono efficacemente il popolo di Dio e che si esprimono particolarmente nella pratica dei “13 martedì di S. Antonio”, nella novena e nella festa solenne del Santo, occasioni che richiamano folle di fedeli dalla città e dal circondario.

Le motivazioni che hanno determinato l’inserimento di S. Antonio di Padova nell’Opera di S. Annibale, si collegano col carisma rogazionista e sono di interesse spirituale e sociale. Non a caso il giorno della festa del santo padovano, la Liturgia della Parola della Messa presenta il vangelo del Rogate “la messe è molta ma gli operai sono pochi: pregate il Signore della messe…” (Mt 9, 38), quasi ad identificare S. Antonio come “celeste rogazionista”.

La protezione e l’assistenza dei Santi era per S. Annibale la garanzia della celeste provvidenza. S. Antonio con la sua dottrina e col suo pane, assicura contemporaneamente il cibo spirituale e quello materiale ed un grande conforto per tutti quelli che aspettano grazie dal cielo. È un fiume di benedizioni che si spande sulla terra e tutti ne possono partecipare. La fede di sant’Annibale è stato l’elemento propulsore di questa “industria” di carità che non si è limitata solo ai termini di una “pia pratica”, ma che è diventata vera e propria devozione. Per questo, bene a ragione egli può essere considerato Apostolo Antoniano: «Ecco il gran Taumaturgo di Padova, ecco l’Universale Benefattore degli Orfani e dei poveri abbandonati, ecco Colui al quale il Divino Infante, il Figlio di Dio che lo vezzeggia, pare gli abbia detto: Antonio, io nacqui nella stalla e operai l’umana Redenzione. Ecco un’Opera mia, che a mia somiglianza, nacque nella mia stessa povertà, tra i tuguri dei miei poverelli, io voglio operare con essa una nuova Redenzione di tanti bambini dispersi e pericolanti» (S. Annibale M. Di Francia).

Le mutate condizioni dei tempi esigono oggi modalità diverse di servizio ai piccoli ed ai poveri. La trasformazione dell’obolo dei devoti e benefattori non avviene solo in pane, ma anche in accoglienza, assistenza, copertura economica per la formazione, aiuto per le missioni, attività socio-educative nelle nuove tipologie che sono subentrate agli orfanotrofi. Alla sistematica distribuzione materiale di mezzi di sussistenza ai bisognosi, piccoli e poveri, si congiunge tanta carità compiuta giornalmente nell’amministrazione dei doni spirituali derivanti dalla Parola di Dio, dai sacramenti, dalla preghiera, dalla cura dei devoti e benefattori.